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Psoriasi, una malattia chiamata discriminazione

Psoriasi, una malattia chiamata discriminazione

Psoriasi, una malattia chiamata discriminazione
| lunedì 4 Luglio 2016

Chi l’ha detto che la psoriasi è una malattia della sola pelle? Ad osservare bene i dati del sondaggio Clear about Psoriasis, realizzato da Gsk con il contributo di Novartis, emerge chiaramente quanto sia notevole l’impatto psicologico della malattia. I dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: l’84% dei pazienti con psoriasi da moderata a severa è vittima di discriminazioni e umiliazioni.

 

CHE COS’È LA PSORIASI?

Pelle arrossata, desquamazione, prurito e dolore. Sono questi i sintomi classici della psoriasi. In Italia, si stima siano affette da psoriasi circa 1,5 milioni di persone con una prevalenza pari al 2,8% della popolazione. Nel mondo, sono 25 milioni a soffrirne, oltre un terzo dei quali in forma non lieve, cioè con un interessamento di oltre il 10% della superficie del corporea. La patologia colpisce inoltre donne e uomini senza particolari distinzioni e può comparire a qualsiasi età, tuttavia la prevalenza della psoriasi aumenta con l’avanzare dell’età. La malattia presenta un picco bimodale di insorgenza: il primo è compreso tra i 16 e i 22 anni, il secondo tra i 57 e i 60 anni. Una malattia che, a differenza di quanto si possa pensare, non è solo questione di estetica: lo stato di infiammazione permanente ha delle conseguenze sull’intero organismo, tanto che la psoriasi è associata a vari disturbi, come malattie cardiovascolari, metaboliche, infiammatorie croniche, steatosi epatica, spondilite anchilosante e artrite psoriasica che colpisce fino al 30% dei pazienti. Ad oggi i fattori che scatenano la malattia non sono ancora totalmente chiari. Secondo l’ipotesi più accreditata la psoriasi sarebbe causata principalmente da fattori genetici a cui si aggiungono quelli ambientali e anomalie nel sistema immunitario.

Foto tratta dal sito http://www.medicinenet.com/psoriasis/page3.htm
Foto tratta dal sito http://www.medicinenet.com/psoriasis/page3.htm

 

UNA PATOLOGIA CHE DISCRIMINA

Una malattia dunque che colpisce la persona a 360 gradi. Ultimo ma non meno importante è il fattore psicologico. Nel sondaggio Clear about Psoriasis, effettuato su oltre 8 mila persona con psoriasi moderata o grave provenienti da 31 nazioni, è emerso che 8 persone su dieci si sentono discriminate a causa della malattia. Oltre a evidenziare livelli inaccettabili di discriminazione e umiliazione, il sondaggio dimostra che quasi la metà delle persone con psoriasi (45%) si è vista chiedere se la malattia fosse contagiosa. L’indagine ha anche svelato gli effetti devastanti che la psoriasi può avere sulla vita personale e sulla salute mentale di chi ne è affetto: il 16% dei partecipanti ha infatti ammesso di nascondersi dal mondo come meccanismo di difesa. Questa carenza di speranza e di autostima si riflette nei risultati, con il 55% degli intervistati che afferma di non credere che la pelle libera o quasi libera da lesioni sia un obiettivo realistico.

 

RELAZIONI INTERPERSONALI CHE PEGGIORANO

La psoriasi influisce in maniera negativa anche sulle relazioni interpersonali: ne è convinto il 46% degli intervistati tra i quali, il 33% ritiene di non sopportare lo sguardo degli altri e ancora 1 paziente su 3 si sente inadeguato come partner. Infine le principali attività che i pazienti vorrebbero presto tornare a riprendere sono: andare al mare e prendere il sole (circa il 60%), e nuotare (circa il 48%). «Nonostante i dati mostrati da questo sondaggio rivelino scetticismo nei confronti della possibilità di tornare ad avere una Clear Skin, tutti i pazienti ne hanno diritto. Il nostro compito di dermatologi è di stare a fianco dei pazienti esortandoli a pretendere di più e a non accontentarsi se non di una pelle libera da lesioni» dichiara Giampiero Girolomoni, Presidente SIDeMaST e Professore Ordinario di Dermatologia dell’Università di Verona. Cure ce ne sono e la ricerca avanza. Non è un caso che negli ultimi anni siano state approvati all’immissione in commercio alcuni anticorpi capaci di spegnere l’infiammazione alla base della malattia.

Fonte: La Stampa

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