Per scompenso cardiaco si intende una condizione in cui il cuore non e’ capace di distribuire il sangue in misura adeguata alle richieste metaboliche dei tessuti. Come per tutte le patologie, conoscere i sintomi della malattia, le sue cause e i fattori di rischio aumenta le possibilita’ di arrivare ad una diagnosi precoce e di accedere in maniera tempestiva alla terapia consentendo ai pazienti di avere una buona qualita’ della vita. Tuttavia lo scompenso cardiaco spesso non viene riconosciuto e i suoi sintomi vengono sottovalutati sia dai pazienti che dalla classe medica: “In primo luogo, c’e’ scarsa informazione tra i cittadini, che considerano questa condizione come un accompagnamento quasi inevitabile dell’eta’ avanzata- spiega Maria Frigerio, direttore Cardiologia 2 all’ospedale Niguarda di Milano- poi bisogna considerare che i sintomi non sono specifici, potendosi associare a diverse altre condizioni. Questo a volte inganna anche i professionisti, che ad esempio possono indirizzare a indagini sull’apparato digerente anziche’ sull’apparato cardiovascolare pazienti – per lo piu’ giovani – nei quali lo scompenso si esprime con l’inappetenza, il dolore alla bocca dello stomaco dopo pranzo o sotto sforzo, anziche’ con i sintomi piu’ classici e conosciuti”. A detta di Frigerio, un altro aspetto che puo’ ritardare la percezione dei disturbi da parte del soggetto “e’ che, quando i sintomi si sviluppano gradualmente, il paziente puo’ quasi inconsciamente modificare a poco a poco le sue abitudini in modo da poter compiere le attivita’ della giornata nonostante la limitazione progressiva della tolleranza allo sforzo fisico”. Quando si parla di scompenso cardiaco, quindi, e’ molto importante che il paziente assuma un ruolo attivo – di ‘driver’ si potrebbe dire – nel riconoscere i sintomi e recarsi tempestivamente dal proprio medico: una diagnosi e trattamento precoci possono garantirgli una buona qualita’ della vita.
Ma quali sono i passi avanti che sono stati fatti dal punto di vista delle terapie? “Per molto tempo, l’approccio tradizionale alla terapia medica dello scompenso si e’ basato sull’utilizzo in combinazione di alcuni farmaci, rappresentati da diuretici, betabloccanti, ace-inibitori, antagonisti recettoriali dell’angiotensina, antagonisti dei mineralcorticoidi, somministrati generalmente con un dosaggio inizialmente basso e poi crescente”, spiega Claudio Rapezzi, direttore dell’Unita’ operativa di Cardiologia del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, che illustra qual e’ la novita’ nel trattamento dello scompenso: “E’ in arrivo una nuova opzione terapeutica che ha dentro di se’ due molecole- spiega il cardiologo bolognese- il valsartan, che e’ un antagonista recettoriale dell’angiotensina, gia’ noto, e il sacubitril, che inibisce l’enzima che degrada i peptidi natriuretici atriali”.
Rapezzi fa sapere come il farmaco sia gia’ passato attraverso il vaglio di un grande studio “condotto su migliaia di pazienti, lo studio Paradigm, che ne ha sancito sia la sicurezza che l’efficacia”. È importante precisare che tutto cio’ avviene senza aggiungere ulteriori farmaci alla terapia, “ma sostituendo i precedenti, con evidenti benefici per il paziente, che vede diminuire del 10-20% il rischio di mortalita’ e di ricovero e puo’ giovarsi di un prolungamento medio della durata della vita superiore all’anno o all’anno e mezzo”.
(Wel/ Dire)