Le Cardiologie di Bologna per la Giornata del Cuore riportano alla sua antica funzione uno dei più antichi ospedali d’Europa
di Stefano Urbinati, Giuseppe Di Pasquale, Gianluca Montefrancesco, Gianfranco Tortorici, Alessandro Capecchi, Angelo Rendina, Valentina Mantovani, Barbara Bordoni, Letizia Riva,Elisabetta Fantoni, Paolo Pandolfi, Gerardo Astorino, Leonardo Pancaldi
Che a Bologna sia stata fondata la più antica Università d’Europa, nel 1088, è noto, ma forse è meno conosciuto il fatto che proprio qui sia stato fondato uno dei primi Ospedali, attorno al 1283, da un francescano venuto da Perugia che, con alcuni confratelli bolognesi fondò l’Ospedale della Vita, dedito all’assistenza dei pellegrini e degli infermi. Un piatto e un letto caldo, un conforto materiale e spirituale, è tutto quello che poteva fornire un ospedale a quei tempi.
Di fronte all’Ospedale della Vita, che si estendeva nell’area oggi occupata dal Mercato di Mezzo, che possiamo immaginare anche oggi come una grande corsia ospedaliera, sorgerà più tardi quello della Morte, la cui corsia è diventata il portico omonimo, dove ha sede la libreria Nanni che Pierpaolo Pasolini ricorda come uno dei luoghi della sua giovinezza bolognese. L’ospedale della Morte non era chiamato così perché la prognosi fosse diversa da quella che attendeva i pellegrini dell’ospedale della vita, dato che a quei tempi la mortalità era altissima e la vita breve, ma perché era riservato ai condannati a morte e agli eretici, cioè a coloro che la società considerava reietti e che invece la pietà bolognese accudiva donando loro un ultimo momento di conforto prima di essere condotti al patibolo sul colle della Montagnola. Una grande civiltà si scopre anche in questi particolari, dalla attenzione e dalla pietà dimostrata verso gli ultimi, i più disgraziati, coloro che presto perderanno la vita non per una malattia, ma per una colpa.
Per un giorno, dopo oltre 700 anni, il 13 gennaio 2016 i locali dell’Oratorio di S. Maria della Vita e di quello che, fino alla riforma napoleonica, fu un Ospedale sono tornati alla loro antica funzione nella Giornata del cuore durante la quale medici e infermieri degli ospedali bolognesi, coadiuvati dagli Amici del cuore, hanno incontrato più di 800 cittadini che hanno potuto effettuare un percorso durante il quale hanno potuto misurare pressione arteriosa, glicemia e colesterolo, hanno potuto confrontarsi con le dietiste, conoscere le iniziative dell’Azienda sul tema dell’esercizio fisico, testare la propria conoscenza sulle tecniche di rianimazione cardiopolmonare grazie alle dimostrazioni effettuate degli istruttori BLSD ANMCO e infine assistere alle lezioni del cuore in cui è stato spiegato come può essere trattato con tempestività ed efficacia chi è colpito da un infarto e come attuare una prevenzione cardiovascolare per mantenere sano il proprio cuore.
Tra i cittadini ha partecipato alla Giornata del cuore anche il sindaco Virginio Merola che, insieme ai suoi familiari, ha testato i propri indici metabolici e si è iscritto ad un gruppo cammino.
Ma l’occasione, per tutti, è stata anche quella di immergersi nel messaggio profondo che questo complesso monumentale trasmette ancora oggi con il suo carico di umanità, sofferenze e speranza, soprattutto se le preziose opere d’arte custodite vengono osservate non con gli occhi del turista o dell’amante dell’arte, ma con quelli dei malati che per secoli, davanti a quelle immagini e a quelle sculture, hanno pregato sperando di vedere alleviate le proprie sofferenze. Immaginare come gli ammalati e i loro familiari di fronte al “Compianto sul Cristo morto” di Niccolò dall’Arca avranno fatto propria la disperazione delle tre Marie, con la bocca spalancata in un urlo straziante che ne deforma i volti e le vesti, e si saranno immedesimati nell’incredulità di Giovanni e nello sguardo di Giovanni d’Arimatea impietrito di fronte all’arcano mistero della malattia e della morte.
E la stessa immedesimazione va immaginata di fronte al “Transito della Vergine” di Alfonso Lombardi, altro gruppo imponente di terracotta che troneggia sull’oratorio dove abbiamo svolto gli incontri di prevenzione, in cui il feretro di Maria è stato appena rovesciato dall’ebreo Anania, in un gesto sacrilego, ma che ci piace immaginare, con una interpretazione ardita ma adeguata al luogo, come quello di un uomo “nuovo” che sfida la morte e il suo carico di sofferenze. Con un gesto che è un po’ il nostro, dei medici e degli infermieri che quotidianamente sfidano la sorte cercando di invertire il naturale decorso di una malattia, offrendo vicinanza, comprensione e sollievo nei casi in cui il decorso sia infausto.
Alfonso Lombardi racconta la scena un attimo prima che un angelo giustiziere, che ha il compito di rimettere le cose al proprio posto, gli tagli le mani mentre, difendendosi dall’ira degli apostoli, in una stupenda invenzione cinquecentesca, cade all’indietro verso di noi, fuori dalla nicchia che contiene il Transito, in una soluzione scenica di grande efficacia. Ma l’assenza del colpo di spada di S. Michele ha dato vita ad una diversa lettura critica, che, riferendosi alla realtà ospedaliera nella quale l’opera è collocata, mette in primo piano la necessità che l’ebreo Anania si converta, rinunciando alla sua ribellione, e accetti l’idea che solo la fede possa guarire gli infermi dalle loro malattie.