Il parto come avveniva “una volta”: nel proprio letto di casa, anziché in ospedale. Un fenomeno che, seppur in pochi casi, in Italia è presente ed è stato oggetto di studio dal Dipartimento di salute pubblica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.
“Oggi sono circa un migliaio ogni anno i bambini che nascono in casa in Italia. Un fenomeno che interessa solo alcune regioni e pochi genitori, molto determinati a contrastare la medicalizzazione talvolta eccessiva del percorso nascita” spiega all’Adnkronos Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento.
Sulla sicurezza del parto a domicilio l’Irccs diretto da Silvio Garattini ha condotto uno studio, i cui risultati saranno presentati oggi in Triennale al convegno ‘Nascere in casa si può: noi ci siamo’. Un evento che in poco tempo ha fatto registrare il tutto esaurito, spiegano gli organizzatori.
Negli Stati Uniti il parto a domicilio è un fenomeno in crescita ed oggi riguarda l’1% dei nati. In Olanda, in pochi anni, i bambini nati in casa si sono dimezzati al 15%. Nel nostro Paese il trend appare stabile. “Nulla cambia da decenni – dice Bonati – Dagli inizi degli anni ’60 il parto a domicilio è diventato sempre più una rarità su tutto il territorio nazionale”. In compenso la percentuale dei cesarei è del 35% (dal 21% della Toscana si va al 60% della Campania), contro il 15% indicato dall’Oms.
Eppure vari fattori indicano che l’interesse per il parto all’antica c’è, ad esempio per “il bisogno espresso dalle donne di avere una assistenza più intima e personalizzata”, riflette Marta Campiotti, presidente dell’Associazione nazionale ostetriche parto a domicilio e casa maternità.
Nello studio condotto dall’Istituto Mario Negri, i ricercatori hanno analizzato 600 potenziali parti a domicilio assistiti dalle ostetriche aderenti all’Associazione. “Il 74% delle donne seguite ha partorito a domicilio – riferisce Campiotti – Otto donne e 11 neonati sono stati trasferiti in ospedale dopo il parto perché necessitavano di assistenza. Tutte le donne e tutti i neonati assistiti non hanno manifestato sequele a distanza”.
Inoltre, metà dei neonati ha potuto usufruire del contatto prolungato della placenta (lotus birth), un modo dolce per entrare nella vita: il cordone ombelicale non viene reciso e il neonato resta collegato alla sua placenta, ricevendo tutto il sangue placentare sino a quando il cordone si separa in modo naturale dall’ombelico del neonato”.
“A domicilio garantiamo l’assistenza al travaglio e al parto fisiologico in accordo con le linee guida, nazionali e internazionali – conclude Campiotti – La condizione ideale è l’assistenza di tutta la gravidanza da parte dell’ostetrica che assisterà il parto, affinché possa accompagnare la gestante e la coppia durante l’intero periodo, sostenere il percorso di salute di tutto il processo attraverso una assistenza non invasiva e appropriata, e possa anche identificare prontamente eventuali controindicazioni all’assistenza domiciliare”.
Fonte: Adnkronos