Gli italiani conoscono poco l’Hiv, hanno difficolta’ a dire con esattezza come si trasmette il virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l’infezione. Riconoscono pero’ che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte persone con Hiv, l’approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o allarmistico degli episodi.
Ma c’e’ di piu’. Quasi un italiano su 3, con piu’ di 45 anni, ritiene di aver visto associati nella comunicazione Hiv e “peste” o “cancro dei gay”, stereotipi che col tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre trent’anni dalla sua scoperta, sono forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza della malattia. È quanto comunicano i dati allarmanti di un’indagine svolta dalla societa’ di ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: eta’, genere, luogo di residenza e ampiezza del comune di residenza.
L’indagine ha indagato il livello d’informazione sull’Hiv/Aids, l”opinione su come i mass media trattano questo argomento, il permanere di pregiudizi e l’idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+.
IL CONGRESSO – I dati sono stati presentati nel corso dell’ottava edizione di Icar (Italian Conference of Aids and Antiviral Research), che si conclude oggi a Milano, presso l’Universita” Milano Bicocca. Il congresso e’ presieduto dai professori Andrea Gori, (Monza), Adriano Lazzarin, (Milano), e Franco Maggiolo, (Bergamo): oltre 150 gli scienziati e i ricercatori presenti, dall”Italia e dall’estero, e mille gli specialisti presenti. Icar (Italian Conference on Antiviral Research) e’ organizzata sotto l’egida della Simit, Societa” Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.
“Abbiamo commissionato questa ricerca- dice Rosaria Iardino, Presidente onorario di Nps Italia Onlus- proprio perche’ alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull’Aids non era cosi’ avanzato come ci aspettavamo.
Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia ad Atlanta nel 1981 ed altrettanti dall’ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere di recente sui giornali di ”untori” e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, e’ stato desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione degli italiani. Cio’ che preoccupa e’ il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle piu’ a rischio contagio.
Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto”. “Bisogna prima di tutto intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv additati come potenziali ”pericoli sociali”, come conferma certa terminologia e certo gergo usato in alcuni articoli di cronaca. Tutto cio’ rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di mettere in forse le conquiste avute sul piano del welfare, perche’ una paura irrazionale ed ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi e’ positivo al virus dell’Hiv. Ecco perch” di recente abbiamo presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti per denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia.
In ogni modo l’indagine Swg fa pensare che la causa principale di questa cattiva informazione, sia la scarsa conoscenza che si continua ad avere dell’infezione e delle vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv verso la quale ultime domande evidenziano degli immaginari anacronistici. Le istituzioni quindi devono intervenire, potenziando quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l’Aids e per diffondere la corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia”, dice Margherita Errico, Presidente di Nps Italia Onlus
Fonte: DIRE
Foto in copertina: flickr.com/xshamx