(La Stampa) Negli ultimi 15 anni il sud è tornato all’aspettativa di vita dell’immediato dopoguerra. Tanto che in Campania e Sicilia si vive rispettivamente quanto in Bulgaria e Romania mentre marchigiani e trentini hanno l’aspettativa di vita degli svedesi. E se le malattie colpiscono in egual misura nord e sud del Paese, da Roma in giù la mortalità è più alta. Che le diseguaglianze in fatto di cure siano sempre più macroscopiche non ci piove. Così come è incontestabile che la forbice è venuta allargandosi in questi 15 anni di federalismo sanitario, che la riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare domenica vuole parecchio ridimensionare riaccentrando i poteri sullo Stato.
Secondo alcuni una controriforma rispetto alla riscrittura federalista del Titolo V del 2001 targata“Bossi-Tremonti”, che finirà per peggiorare le cose allontanando ancor di più la sanità dai bisogni specifici di ciascun territorio. Per altri una semplificazione destinata a far eseguire con più immediatezza le leggi, superando quell’enorme contenzioso costituzionale reso possibile dalla vasta area di materie concorrenti disegnata dal vecchio testo. Per capirne di più partiamo dal testo della riforma per cercare poi di capirne le conseguenze su cose vive, come ticket, rimborsabilità dei farmaci, accesso alle cure.
Cosa è scritto nella Riforma
“Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:…disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare”. “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di (….) programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”. La legislazione concorrente tra Stato e Regioni, che ha generato un conflitto costituzionale causa del rallentamento di molti provvedimenti sanitari, scompare invece dal nuovo articolo 117 della riforma Boschi. Il tutto con una importante “clausola di supremazia” dello Stato, che “può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
Un cambiamento che nel campo della sanità è radicale. Perché proprio quella clausola consentirebbe allo Stato di invadere il campo delle regioni, ad esempio per garantire a tutti gli assistiti di qualsiasi regione pari accesso ai farmaci mutuabili, oppure all’assistenza del proprio medico di famiglia anche quando si cambia residenza senza avere un lavoro stabile, per fare due esempi di attuale diversità di trattamento da una regione all’altra.
Cosa compete allo Stato
Entrando nel dettaglio, sarebbero competenza dello Stato:
-La definizione dei Livelli essenziali di assistenza ossia cosa è mutuabile e cosa no;
-L’attuazione delle campagne di profilassi internazionale in presenza di virus come Ebola;
-La definizione degli standard di posti letto ospedalieri per abitante;
-La determinazione dei ticket;
-La definizione di linee d’indirizzo per individuare percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali che rendano uniformi sul territorio nazionale accertamenti e terapie per ciascuna patologia;
-L’ordinamento delle professioni sanitarie;
-La definizione di standard uniformi nazionali ai quali dovrebbero attenersi le strutture sanitarie da Nord a Sud.
-I criteri per la selezione dei manager delle Aziende sanitarie ed Ospedaliere.
-La programmazione di interventi a favore della ricerca scientifica;
-Le disposizioni per la sicurezza alimentare.
Cosa resterebbe alle Regioni
Resterebbe competenza delle Regioni:
– Programmare l’articolazione dei servizi sanitari sul territorio, accorpando Asl o istituendo distretti sanitari;
– Nominare i Direttori Generali di Asl e Ospedali;
– Stipulare convenzioni con le strutture private accreditate;
– Definire i budget per le strutture sanitarie, sia pubbliche che private accreditate;
– Stabilire la modalità di acquisto centralizzate di beni e servizi;
– Rimodulare le addizionali Irpef per la copertura di eventuali disavanzi sanitari;
– Quant’altro rientri nella organizzazione e programmazione dei servizi.
Quando lo Stato può invadere il campo delle Regioni
Ma quando potrebbe scattare la “clausola di supremazia” dello Stato sulle disposizioni regionali in materia sanitaria? Per la “tutela dell’interesse nazionale” lo Stato potrebbe invadere il campo delle Regioni dicendo:
-Stop all’introduzione di super-ticket che discriminino fasce della popolazione nell’accesso alle prestazioni sanitarie;
-Stop ad aste regionali di farmaci che escludano dalla rimborsabilità medicinali con principi attivi diversi o comunque non di pari efficacia per tutti i pazienti;
-Stop a prontuari farmaceutici regionali che limitino o ritardino la disponibilità dei medicinali innovativi;
-Stop alle riorganizzazioni dei servizi che ostacolino l’accesso dei pazienti alle prestazioni;
-Stop a linee guida regionali che vincolando la libertà prescrittiva del medico finiscano per pregiudicare l’uniformità dell’assistenza sul territorio nazionale.
Che poi quest’accentramento possa migliorare la nostra sanità è tutto da dimostrare. Ma visto che si tratta della nostra salute domenica è comunque meglio decidere informati.
Fonte La Stampa