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Farmaci equivalenti: possibili risparmi fino a 100 miliardi di euro nel mondo

Farmaci equivalenti: possibili risparmi fino a 100 miliardi di euro nel mondo

Farmaci equivalenti: possibili risparmi fino a 100 miliardi di euro nel mondo
| lunedì 6 Giugno 2016

I farmaci equivalenti e biosimilari sono la risposta farmacologica alla crisi che ha colpito in modo pesante i fondi sanitari di tutti i Paesi del mondo.

Le associazioni internazionali di aziende produttrici di questi farmaci (la International Generic and Biosimilar Association e Medicines for Europe) si ritrovano nei prossimi giorni in conferenza annuale a Dubrovnik (8-10 giugno) e il loro evento evento e’ atteso con grande attenzione, visto che e’ sempre maggiore l’interesse con cui i ministeri della Salute e dell”Economia dei vari Paesi stanno seguendo le evoluzioni del settore.

Vicepresidente di Medicines for Europe e tra i protagonisti del simposio di Dubrovnik e’ un italiano, Pierluigi Antonelli, capo europeo di Sandoz, uno dei colossi mondiali degli equivalenti. Con lui l’Agenzia Dire ha approfondito in anteprima i temi del convegno internazionale. – Antonelli, lei interverra’ nella sessione inaugurale della conferenza di Dubrovnik per discutere di bio similari: questi prodotti di ultima generazione sono davvero essenziali per affrontare con serenita’ l”argomento delicato della sostenibilita’ dei sistema sanitari? “Prima di tutto precisiamo che i farmaci biosimilari promuovono la concorrenza, perche’ generano una riduzione della spesa sanitaria complessiva, consentendo un risparmio ai sistemi sanitari dei paesi dell’Unione Europea. Questo evidentemente provoca una maggior accessibilita’ alle cure da parte dei pazienti, liberando risorse che possono essere usate per lo sviluppo di terapie innovative. Dal punto di vista terapeutico i farmaci biologici, la piu’ recente frontiera farmacologica, rappresentano un”opzione terapeutica rivoluzionaria per molte malattie, ma la rapida crescita della loro domanda continua a mettere a dura prova i bilanci dei sistemi sanitari e a limitare l’accessibilita’ da parte dei pazienti”.

“Si pensi che nell’Unione Europea si prevede che il fatturato dei farmaci biologici sara’ pari a circa 50 miliardi di euro nel periodo 2016-2020: una cifra immensa. Una cifra purtroppo non sostenibile. I farmaci biosimilari, che sono al centro del simposio internazionale di Dubrovnik, si inseriscono in questo ragionamento in quanto sono farmaci biologici innovativi ed approvati, comparabili al biologico di riferimento per qualita’, sicurezza ed efficacia”.

Perche’ dunque preferire i biosimilari? “Il loro vantaggio, rispetto ai biologici, e’ il costo decisamente inferiore. Promuovendo la concorrenza, i biosimilari consentono cosi’ risparmi per i sistemi sanitari, aumentano l’accessibilita’ da parte dei pazienti e liberano risorse che possono essere usate per lo sviluppo di terapie innovative”. – Lei parla di risparmi generati attraverso i farmaci biosimilari: di che cifre sta parlando? “In uno studio condotto da Ims, si stima che nei sistemi sanitari di 5 Paesi Europei e in America si possano risparmiare tra 49 miliardi di euro fino a 98 miliardi di euro nel periodo 2016-2021, grazie all’introduzione dei farmaci biosimilari. Questi risparmi potrebbero rimanere dentro ai sistemi sanitari, ed essere utilizzati per incrementare l”accesso alle cure ad un maggior numero di pazienti”.

Prosegue l’intervista al vicepresidente di Medicines for Europe, Pierluigi Antonelli: – Il simposio di Dubrovnik affrontera’ anche le criticita che gli equivalenti vivono in alcuni Paesi, tra cui l”Italia. Come giudica le difficolta’ tutte italiane nella penetrazione degli equivalenti nel sistema sanitario e farmaceutico del nostro paese?

“Negli ultimi dieci anni in Italia, il mercato del generico e’ cresciuto lentamente ma con costanza. Tuttavia ancora oggi ha un’incidenza limitata nel mercato farmaceutico, lontana ad esempio da quella detenuta negli altri principali Paesi europei. Possiamo quindi affermare che i medicinali equivalenti sono una risorsa non ancora pienamente utilizzata per dare stabilita’ alla spesa farmaceutica e liberare risorse economiche per il Servizio sanitario nazionale. Se l’Italia si allineasse alla media dei paesi Ue, come Germania o il Regno Unito, dove il farmaco equivalente e’ una realta’ consolidata e culturalmente accettata, il Ssn gioverebbe di risorse incrementali, dovute alla dinamica concorrenziale sui prezzi, destinabili all’innovazione. Dovremmo sforzarci dunque di creare, anche nel nostro Paese, ”un’abitudine prescrittiva” orientata al medicinale generico”. – Come mai il nostro Paese registra ancora questa ”diffidenza”? Come si puo’ superarla? “Nella propensione a scegliere il medicinale equivalente molto spesso entrano in gioco fattori culturali ed una maggiore sensibilita’ da parte di medici e farmacisti. Di certo una migliore informazione dei cittadini, anche attraverso iniziative intraprese dalle istituzioni, potrebbe essere la spinta piu” utile a promuovere una vera ”cultura” del farmaco equivalente, ancora poco diffusa oggi in Italia”. (Wag/Dire)

 

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