C’è una specifica area del cervello che si attiva per evitarci distrazioni durante l’esecuzione di una attività. Si tratta della corteccia medio-frontale destra, regione nella quale si attivano i meccanismi cerebrali dedicati a filtrare tutti quegli stimoli irrilevanti che distraggono le persone e impattano negativamente sull’attenzione. E quando questi stimoli si fanno più frequenti e “disturbanti” rispetto all’attività in corso, per combatterli il cervello si attiva più velocemente e con maggiore efficacia.
A rivelare questi risultati è una ricerca realizzata da Francesco Marini, attualmente ricercatore post-dottorato alla University of California di San Diego (USA), che ha condotto lo studio nell’ambito del Dottorato di ricerca in Neuroscienze cognitive all’Università Milano-Bicocca, da Leonardo Chelazzi dell’Università di Verona e da Elise Demeter, Kenneth Roberts e Marty Woldorff della Duke University di Durham (USA). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Neuroscience(“Orchestrating Proactive and Reactive Mechanisms for Filtering Distracting Information: Brain-Behavior Relationships Revealed by a Mixed-Design fMRI Study”. DOI: 10.1523/JNEUROSCI.2966-15.2016).
I ricercatori hanno sottoposto 20 volontari a risonanza magnetica funzionale per misurare l’ossigenazione dell’emoglobina (che aumenta con l’attività cerebrale) durante l’esecuzione di un compito: indicare la direzione di una freccia-target presentata su uno schermo, spesso assieme ad altre frecce-distrattori che potevano avere una direzione uguale o diversa a quella della freccia-target e che andavano ignorate. Le frecce-distrattori venivano lanciate a intervalli da 1.5 a 9 secondi. Va specificato che i distrattori a direzione diversa sono più ingannevoli rispetto a quelli di direzione uguale.
Si è così osservato che il cervello si attiva tanto più velocemente e con maggiore efficacia quanto più frequenti sono i distrattori a direzione diversa, ovvero quelli più “difficili”. Infatti si è verificato un rallentamento delle risposte del cervello di soli 48ms (millisecondi) quando erano maggiori gli stimoli in direzione diversa rispetto alla freccia target che i volontari dovevano individuare; invece, il rallentamento delle risposte è stato maggiore (circa 75ms) quando i distrattori erano in maggioranza a direzione uguale. Inoltre, si è verificato che il cervello durante i trials commetteva solo un 5 per cento in più di errori quando i distrattori comparivano soprattutto in direzione diversa, mentre gli errori salivano al 7 per cento quando i distrattori erano in maggioranza a direzione uguale rispetto alla freccia-target. In altre parole, le risposte del cervello sono risultate più reattive e precise quando vi sono molti e frequenti distrattori “difficili”, rispetto a quando i distrattori sono più “facili” da ignorare.
Il cervello quindi sa attivarsi in maniera preventiva quando vi è una elevata probabilità di incontrare stimoli distraenti, ed è in grado di ottimizzare la strategia per affrontare contesti distraenti diversi, con meccanismi specifici in base al tipo di distrattori (diversi o uguali) che si presentano.
«Questo studio – prosegue Francesco Marini – chiarisce i meccanismi cerebrali con cui il cervello umano reagisce in modo preventivo a vari tipi di stimoli distraenti, rispondendo in maniera flessibile secondo i diversi tipi di attenzione richiesti dai vari compiti, in modo da attuare comportamenti efficaci ed ottimali. Le potenziali implicazioni di questo studio riguardano tutte le professioni che richiedono la capacità di focalizzare l’attenzione in presenza di fonti distraenti, tra cui piloti, controllori del traffico aereo, fotografi, atleti».
«Abbiamo identificato – spiega Leonardo Chelazzi – una regione del giro frontale medio di destra che si attiva in maniera preventiva quando vi è un’elevata probabilità di incontrare distrattori incompatibili, mentre si innesca in maniera reattiva quando i distrattori incompatibili occorrono con minore frequenza. Abbiamo, quindi, dimostrato che all’attivazione di questa regione celebrale corrisponde una minore influenza dei distraenti sul comportamento, indicando così il coinvolgimento cruciale di quest’area nel filtraggio degli stimoli».
Fonte: Università Bicocca di Milano