La malattia tiroidea cronica, per lo più rappresentata dell’ipotiroidismo sia franco che sub-clinico, interessa dal 3 al 4% della popolazione assistita dai medici di assistenza primaria. Del tema si è parlato al congresso nazionale della Snamid, a Roma. I numeri sono dovuti a una serie di motivi concorrenti: patologie che oggi mostrano un’alta prevalenza nella popolazione generale quali l’ipotiroidismo acquisito da tiroidite di Hashimoto, da terapia radiometabolica, da tiroidectomia, da farmaci (esempio amiodarone, inibitori dei recettori dell’attività chinasica, litio), da carenza/eccesso di iodio, post partum e l’ipotiroidismo primario; l’invecchiamento della popolazione generale, che comporta inevitabilmente un incremento della popolazione affetta da Mtc; una maggiore accuratezza nella diagnosi. “La patologia tiroidea nei soggetti sopra i 14 anni ha un’incidenza dal 4 all’8%, considerando anche l’ipotiroidismo subclinico- spiega Maurizio Lucarelli, responsabile area Endocrinologia della Snamid-.
Si tratta di una patologia che assorbe delle risorse a livello specialistico-ambulatoriale, a livello diagnostico e farmacologico”. Ecco perchè la sua gestione associata a problematiche come lo scompenso cardiaco, l’osteoporosi, è una sfida importante che merita appropriatezza e oculatezza”.
La Mtc è una patologia ad elevato indice di incidenza e prevalenza spesso non diagnosticata. Inoltre impatta sulla qualità di vita del paziente, soprattutto per quanto riguarda monitoraggio, gestione della terapia e i sintomi. Considerati tutti questi elementi, “la Snamid, insieme alle due società scientifiche specialistiche Ame e Fadoi, ha promosso e curato un documento di consenso che dà indicazioni pratiche agli specialisti- aggiunge Lucarelli- Lo scopo è far capire come, quando e da chi vada gestito il paziente con malattia tiroidea cronica: offrire ai pazienti un’assistenza di qualità; evitare esami inutili o poco appropriati; ottimizzare i percorsi diagnostici, specie nel follow-up; ottimizzare la terapia farmacologica anche in un contesti di politrattamento farmacologico che espongono a inevitabili interazioni”. L’obiettivo finale? Permettere al medico di medicina generale di gestire sempre in modo appropriato i pazienti in terapia sostitutiva oltre che massimizzare i risultati in termini di scomparsa dei sintomi e tolleranza della dose somministrata.