Per anni è stato considerato un disturbo di natura psicologica. Invece la causa della sindrome da stanchezza cronica potrebbe essere un’altra: di natura virale o autoimmune. Di certo c’è che la malattia in larga parte ancora sconosciuta: nei numeri, oltre che nelle cause. E la quota sommersa più rilevante potrebbe riguardare gli adolescenti.
CONDIZIONE DIFFUSA ANCHE TRA GLI ADOLESCENTI
Finora l’identikit del paziente affetto dalla sindrome da stanchezza cronica – non ci sono numeri ufficiali, ma le stime parlano di quasi duecentomila pazienti in Italia – rispondeva quasi sempre alla donna, di mezza età, chiamata a conciliare gli impegni di lavoro con le esigenze della vita familiare. Ma in realtà la malattia sembra riguardare anche i più giovani. Secondo una ricerca realizzata dall’Università di Bristol e pubblicata su Pediatrics, infatti, sarebbero due su cento i sedicenni che ne soffrirebbero. Un numero mai rilevato prima che dunque smentisce la distribuzione della malattia – nota anche come encefalomielite mialgica e spesso segnalata da persone già affette dalla fibromialgia e dalla sindrome del colon irritabile – tra le varie fasce d’età della popolazione. I dati sono stati ottenuti osservando chi, tra 5.800 ragazzi, riportava su un questionario un forte senso di affaticamento (che non andava via con il riposo), dolori muscolari, mal di testa, faringiti ricorrenti o difficoltà di concentrazione. Tutto ciò per un minimo di sei mesi.
I CRITERI PER LA DIAGNOSI
Si tratta dello studio epidemiologico più ampio mai condotto per fare luce sulla malattia, per cui non esiste una procedura diagnostica standardizzata e che si manifesta con dei sintomi talmente vaghi da renderne difficile l’identificazione. Quasi sempre si procede per esclusione, ma questo approccio è spesso poco attuato negli adolescenti. Stando alla ricerca, infatti, il 94 per cento dei ragazzi che ricevono la diagnosi della malattia sostiene di non essere stato creduto nel momento in cui riportava i primi sintomi della malattia ai medici.
Il primo intervento, dunque, riguarda gli specialisti. Come formulare correttamente una diagnosi in un bambino o in un adolescente? «È necessario aspettare che i sintomi durino almeno per tre mesi prima di sbilanciarsi – afferma Caterina Zilli, pediatra di famiglia ad Albignasego e membro del comitato scientifico dell’Associazione “Malati di sindrome da stanchezza cronica”-. Una volta certi della malattia, da sospettare anche in presenza di forti dolori addominali privi di altra causa, il pediatra deve accompagnare la famiglia nella quotidianità per dare al paziente supporto, terapie minori e strategie di vita».
SPORT E SCUOLA
Nessun divieto categorico alla pratica sportiva. «Va calibrata però caso per caso. L’ideale è svolgere un’attività aerobica per mantenere costanti il tono muscolare, la pressione arteriosa e la gittata cardiaca. Ci sono studi che evidenziano un miglioramento dei sintomi con mezzora di sport al giorno». L’impatto della malattia si riflette anche a livello scolastico. I ragazzi con sindrome da stanchezza cronica, secondo lo studio britannico, perderebbero mezza giornata di scuola ogni settimana, tempo destinato ad aumentare nei casi più seri e non trattati.
FONTE LA STAMPA