(DIRE-Notiziario settimanale Sanita’) Roma, 21 dic. – Aumentano i trapianti e le donazioni in Italia. Lo rivelano i dati di proiezione di ottobre 2016 del Centro Nazionale Trapianti, numeri che confermano la leadership italiana in Europa. Sono stati eseguiti 3.268 trapianti, contro i 3.002 del 2015. Il totale dei donatori d’organi e’ stato di 1.260, contro i 1.165 del 2015.
La principale novita’ riguarda le donazioni da vivente, che gia’ nel 2015 hanno registrato un incremento del 20,4% rispetto all’anno precedente. In particolare quelle di rene (da vivente) hanno raggiunto un vero e proprio record, superando per la prima volta la soglia dei 300 prelievi (+56,8% rispetto al 2012). I dati sono stati presentati nell”ambito dell’incontro “Il Centro Nazionale Trapianti e la gestione del processo di donazione e trapianto svoltosi a Roma.
“La nostra e’ una rete particolarmente duttile e reattiva agli stimoli o agli ostacoli derivanti dai vari cambiamenti, anche del sistema sanitario, a cui abbiamo assistito per anni, ma e’ anche capace di promuovere, pur nella necessaria considerazione delle differenze che caratterizzano le reti regionali, una uniformita’ di approccio e di valida risposta terapeutica verso i pazienti candidati al trapianto- ha dichiarato il Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa– Con la nascita, nel novembre del 2013, del Centro Nazionale Trapianti Operativo (Cnto) siamo attivi ormai in tempo reale, lungo l’arco delle 24 ore, e riceviamo dalle Regioni le segnalazioni di tutti i donatori d’organo, esaminandone idoneita’ e rischio di trasmissione di malattie.
Seguiamo l’assegnazione di ciascun organo, sia che venga destinato a un programma nazionale, sia alle liste regionali, sino alla fase del trapianto. Anche i trasporti di organi, equipe e pazienti sono monitorati dal Cnto attraverso un collegamento costante con le Regioni”. “Il cammino dei trapianti poggia su due gambe, quella sociale e quella sanitaria. È un cammino un po’ claudicante perche’, paradossalmente, la gamba oggi piu’ forte e’ quella sociale- che contiene il consenso e l’autodeterminazione alla donazione- mentre quella sanitaria appare ancora debole. Appurato che la ”macchina dei trapianti” italiana funziona secondo i piu” alti standard di qualita’ e sicurezza, bisogna dire che non tutte le strutture ospedaliere attivano il processo di donazione sistematicamente alla morte di un paziente- dichiara Giuseppe Piccolo, Coordinatore Regionale Trapianti della Lombardia- Ancora troppo spesso si tratta di un’attivita’ discrezionalmente aggiuntiva, di cui si fa carico il singolo operatore sanitario.
L’obiettivo e’ quello di considerare la donazione di organi e tessuti come un’attivita’ sanitaria di cui sono responsabili le direzioni degli ospedali, nel contesto di programma regionali e nazionali ben definiti. Solo cosi’ la donazione potra’ affermarsi per quello che e’, ossia il presidio clinico di prima scelta per i pazienti”. Il trapianto e’ quindi ad oggi la miglior cura per l’insufficienza terminale d’organo. “Rispetto alle terapie alternative e al supporto artificiale, non solo rappresenta un vero e proprio salvavita- come nel caso del trapianto di cuore o del trapianto di fegato nell’epatite fulminante- ma determina anche una migliore sopravvivenza del paziente: nel caso del trapianto di fegato, si rileva una sopravvivenza dell’86% a un anno dall’intervento.
Nel trapianto di rene, la percentuale di sopravvivenza a un anno e’ del 97,2%. Il trapianto di rene permette, inoltre, una sopravvivenza dei pazienti molto superiore a quella attesa in un paziente in dialisi: dopo il trapianto, il rischio di decesso e’ di oltre il 70% inferiore, rispetto ai pazienti di pari eta’ in dialisi, spiega Andrea De Gasperi, Direttore del Dipartimento Niguarda Transplant Center.
Una migliore condizione clinica determina inoltre una migliore qualita’ di vita e, in molti casi, un ritorno all’attivita’ lavorativa: il Centro Nazionale Trapianti stima che l’89,9% dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di cuore, l’78% dei trapiantati di fegato e ”89% dei trapiantati di rene, lavora o e’ nelle condizioni di farlo e quindi e’ pienamente reinserito nella normale attivita” sociale. Stiamo quindi assistendo a un cambio di mentalita’ nella cultura della donazione d’organo? “Le campagne istituzionali di sensibilizzazione stanno portando certamente a risultati concreti: si stima che a un anno di distanza la persona (parente del donatore) che ha optato per la donazione, lo rifarebbe nella quasi totalita’ dei casi, convinto della propria scelta. È vero pero’ che i livelli di opposizione per la donazione da cadavere in Italia sono ancora troppo elevati, siamo intorno a una media del 30-32%, a dimostrazione del fatto che c’e’ ancora un grande gap culturale da colmare”, afferma Giuseppe Vanacore, Presidente Aned. (Wel/ Dire) 08:25 21-12-16 NNNN