“Ai genitori direi di stare attenti a considerare alimentare cio’ che alimentare non e’. Molto spesso ci troviamo nei nostri ambulatori dei bambini che, per una rinite, per l’asma, per una manifestazione cutanea o intestinale, vengono messi a dieta senza alcun tipo di accertamento, ma sull’ipotesi che ci sia qualcosa di alimentare. I
bambini mangiano diverse volte al giorno, facilmente viene incolpato l’alimento e il bambino viene messo a dieta in modo improprio, perche’ queste diete poi creano dei problemi nel rapporto con ”alimentazione. Il bambino messo a dieta puo’ diventare bulimico o non mangiare piu’. Il bambino va messo a dieta se e’ allergico, ma prima va dimostrato. I genitori consultino il pediatra o i centri allergologici”.
L’appello del presidente della Societa’ italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica (Siaip), Marzia Duse, e’ di evitare i rimedi fai da te quando si riscontrano sintomi associabili a un’allergia alimentare nei propri figli. “Le patologie di tipo allergico piu’ frequenti- spiega l’esperta, intervista dall’agenzia Dire- sono le riniti, che interessano il 20/30% della popolazione pediatrica. L’allergia, poi, e’ ancora piu’ frequente: nei Paesi piu’ industrializzati abbiamo dei picchi vicini al 40%. Il 10% dei bambini e’ colpito dall’asma.
Nel primo anno di vita, la dermatite atopica colpisce invece circa il 10% dei bambini. L’allergia alimentare sta aumentando nella popolazione generale, ma soprattutto in quella infantile come anche l’allergia nel caso di punture degli imenotteri”.
Lo scenario, dunque, e’ in continua evoluzione, come cambia anche il modo di sviluppare un’allergia. “Una volta si parlava di marcia topica- racconta Duse- cioe’ il bambino iniziava con la sensibilizzazione, e poi progressivamente sviluppava un’allergia tipicamente cutanea nel primo anno di vita, poi passava la dermatite e comparivano la rinite e l’asma.
Adesso i bambini sviluppano tutto insieme. E non ci sono studi che dimostrino l’incidenza di determinati fattori come l’ambiente o l’alimentazione”. Se ancora non sono chiare le cause, e dunque non e’ possibile fare una prevenzione primaria, si puo’ invece intervenire per limitare lo sviluppo delle allergie con una prevenzione secondaria. “Il nostro intervento e’ quello di ridurre la carica antigenica- spiega ancora Duse, intervistata dall’agenzia Dire- Quindi, quando un bambino e’ allergico a un alimento cerchiamo di eliminarlo o di sensibilizzarlo, dando piccolissime quantita’ in modo progressivamente crescente, per cercare di renderlo tollerante a questo alimento.
Le terapie sono molto diversificate a seconda del tipo di patologia. Diciamo che c’e’ un minimo comune denominatore che e’ dato dalla possibilita’ di intervenire eziologicamente. Quindi quando conosciamo l’allergene responsabile, possiamo intervenire con questa terapia desensibilizzante, che impropriamente chiamiamo ”vaccinazione”.
Pero’ ci sono delle limitazioni dovute al fatto che, quando un soggetto e’ allergico a tanti allergeni e’ un po’ problematico ”vaccinarlo” contro tutti. Poi ci sono i farmaci, che sono fondamentali per contenere i sintomi, soprattutto quando sono stagionali. Il vero problema e’ legato alla rinite perche’, mentre l’asma preoccupa i genitori che curano i propri figli, spesso questa patologia viene sottovalutata.
Questo non va bene perche’ il bambino con rinite allergica e’ un bambino che ha dei grossissimi problemi ambientali e scolastici. Pensate a una rinite stagionale che insorge nell’ultimo quadrimestre, quando uno studente deve rendere al massimo”. Detto ci’ qual e” l”atteggiamento del Sistema sanitario nei confronti di queste patologie? “Tutti i farmaci per la rinite non sono rimborsabili e non c’e’ alcun tipo di esenzione. Eppure- conclude la presidente della Siaip- ci sono studi che dimostrano che il costo della rinite e’ enorme, soprattutto per le giornate di lavoro perse a causa dei sintomi”. (Wel/ Dire)