Intervista al dr. Federico Semeraro, Presidente IRC (Italian Resuscitation Council), Società scientifica di riferimento per la Rianimazione Cardiopolmonare. Nata nel 1994 con lo scopo primario di diffondere la cultura e l’organizzazione della rianimazione cardiopolmonare in Italia.
Dr. Semeraro, i fatti ormai sono di dominio pubblico e la discussione ha un impatto a livello nazionale. Sei medici sono stati sospesi per aver “avallato” procedure da “istigazione abusiva della Professione medica”. Il quotidiano La Repubblica titola: “Viene decapitato virtualmente uno dei fiori all’occhiello dell’AUSL bolognese”. Qual’è la reazione dell’IRC?
Italian Resuscitation Council nasce nel 1994 ed è sempre stata multidisciplinare e multiprofessionale. Ci è sempre sembrato naturale avere un approccio in team nella gestione e nella formazione del campo dell’arresto cardiaco. Per questo ci è sembrato assolutamente naturale difendere un modello basato sulle competenze e basato sulle evidenze scientifiche internazionali attraverso la condivisione con altre società scientifiche del Policy Statement sul “Trattamento farmacologico da parte dell’infermiere nell’emergenza territoriale” pubblicato nell’ottobre 2015. Il modello del 118 di Bologna, come molte altre realtà, in tutta Italia ci rende allineati con lo standard europeo e per questo, come molti altri attori che lavorano nel campo dell’emergenza-urgenza, abbiamo supportato la difesa di questo modello.
Da novembre 2015, dall’apertura dell’istruttoria a carico dei medici in questione, sono intervenute trasversalmente istituzioni (Regione, Ipasvi, politici) e Società scientifiche (Simeu, Aniarti, Irc, Amietip) per sostenere la correttezza dei protocolli e l’operato dei professionisti del 118. Perchè l’Irc sostiene – e anche con forza – tali procedure?
È dimostrato ormai da anni che per aumentare la sopravvivenza dei pazienti affetti da un gruppo ben definito di patologie acute e gravissime è necessario il trattamento precoce sul territorio da parte di personale specificatamente formato e che opera, sotto il coordinamento delle centrali operative, sulla base di algoritmi basati sull’evidenza e condivisi internazionalmente. Le Linee Guida ERC 2015, recentemente pubblicate, sottolineano per esempio l’importanza fondamentale dell’interazione tra gli operatori di centrale operativa e gli astanti che eseguono la RCP ed il recupero tempestivo di un defibrillatore automatico esterno (DAE). Per la prima volta viene molto enfatizzato come una risposta efficace e coordinata da parte della comunità con il sistema sanitario territoriale rappresenti la chiave per migliorare la sopravvivenza da arresto cardiaco extraospedaliero.
In Italia esistono numerose e collaudate esperienze che riguardano la gestione precoce sul territorio delle patologie tempo-dipendenti da parte di personale infermieristico addestrato e competente e da parte di volontari soccorritori. Grazie all’integrazione tecnologica delle centrali operative 118, alle procedure standardizzate e al trattamento farmacologico precoce sul territorio da parte del personale infermieristico autorizzato è stato possibile salvare molte vite.
Di tutta la questione, la paura, per tanti osservatori, è riferita “all’immagine” che viene data del 118 al cittadino. Un Sistema che fino ad oggi è stato un punto di riferimento per la Penisola intera e che oggi viene messo in discussione. Quali possono essere le ricadute sui professionisti e sul cittadino?
Il 118 di Bologna ha un organizzazione in linea con le procedure presenti in tutta Europa. Le emergenze in tutte i paesi Europei vengono trattate da personale addestrato per farlo nel migliore dei modi, qualunque sia la sua professione. Le linee guida ERC 2015, lanciano una sfida per il futuro, ancora una volta con una bella immagine, quella di creare una alleanza tra sistemi sanitari che si occupano di emergenza extraospedaliera e la comunità.
I cittadini in futuro devono diventare alleati nella gestione delle emergenze come l’arresto cardiaco. Un recente lavoro pubblicato su New England Medical Journal ha dimostrato come in Svezia, dove il tasso di sensibilizzazione e formazione della popolazione è molto elevato, la sopravvivenza da arresto cardiaco è altrettanto elevata.
Il lavora dimostra come sia importante l’intervento dei cittadini addestrati alla rianimazione cardiopolmonare anche prima dell’arrivo dell’ambulanza. La sopravvivenza dei pazienti in arresto cardiaco raddoppia quando la rianimazione cardiopolmonare viene iniziata prima dell’arrivo dell’ambulanza. In Svezia sono stati analizzati 30.381 arresti cardiaci extra ospedalieri tra il 1990 e il 2011. Nel 51.1% dei casi (15,512 pazienti) l’RCP è stata iniziata dai cittadini, nel 48.9% (14,869 pazienti) all’arrivo dell’ambulanza. La sopravvivenza a 30 giorni è stata rispettivamente del 10.5% con RCP iniziata dagli astanti e del 4.0% all’arrivo dell’ambulanza (P<0.001). Non possiamo “spaventare” i cittadini bolognesi e italiani dando la percezione che il sistema 118 non sia sicuro. Al contrario dobbiamo convincerli a diventare parte proattiva del sistema come in Svezia.
Si è orami ben compreso a livello internazionale che l’unico modo per poter aumentare la sopravvivenza ed il buon recupero funzionale delle vittime di eventi acuti, es. eventi cardiovascolari maggiori quali l’arresto cardiaco, è quello di anticipare l’intervento sanitario coinvolgendo la comunità e quindi i cittadini ed il personale non sanitario addestrato. Per questo dal 2013 IRC ha promosso la campagna di sensibilizzazione periodica dedicata all’arresto cardiaco “Viva! la settimana per la rianimazione cardiopolmonare” (www.settimanaviva.it).
Dalla questione 118, grazie anche al sostegno del Collegio IPASVI di Bologna, è nato l’ormai famoso hashtag #noisiamopronti. Un “movimento” spontaneo che ha visto l’adesione trasversale di tanti professionisti e che oggi si è aggregato all’interno di un gruppo social, formato da quasi 23000 iscritti in poche settimane. All’interno si chiede una maggiore valorizzazione dei professionisti ed una reale integrazione multiprofessionale.
Come giudica questo movimento?
L’utilizzo dei social network e del movimento #noisiamopronti ha permesso di rendere “virale”, veloce e altamente evidente il problema ad una larga fascia della popolazione. I social network come i “farmaci” hanno delle regole e delle istruzioni per l’uso esatte. A volte hanno anche degli effetti collaterali attesi e altri non previsti quindi è necessario avere delle persone “competenti” nella gestione della comunicazione social.
L’utilizzo dei social network come strumento di comunicazione è ormai assodato essere una modalità molto efficace ed economica ed ormai è uno strumento fondamentale per comunicare rapidamente con la popolazione generale e non solo. Gli stessi social network sono entrati per la prima volta nelle stesse Linee guida 2015 ERC nell’ambito del loro utilizzo per aiutare il rapido dispiegamento di soccorritori per le vittime di arresto cardiaco extra ospedaliero. Dal 2013 anche IRC ha usato i social network e la comunicazione digitale per diffondere e sensibilizzare la popolazione sul tema dell’arresto cardiaco ed è uno strumento efficace e moderno.
Qualcuno sostiene che forse, a questo punto, tutto il dibattito potrebbe sfociare in un “chiarimento” definitivo da parte delle istituzioni e della politica. Ci si aspetta un intervento legislativo della Regione e una decisione del Ministero sulla sospensione dei medici. Ipotizza un finale?
Il modello del 118 di Bologna è in linea con gli approcci basati sulle evidenze scientifiche internazionali e per questo ci auguriamo come IRC che la Regione Emilia Romagna ancora una volta sia esempio di buona pratica clinica a protezione della cittadinanza bolognese e italiana. In linea con le decisioni regionali speriamo che lo stesso approccio basato su evidenza sia applicato dal Ministero della Salute nella realizzazione di nuovi percorsi nel campo dell’emergenza-urgenza.
Ci sono associazioni di volontariato, soccorritori volontari, infermieri, medici che lavorano tutti i giorni insieme con passione per rendere il modello di sanità pubblica italiana uno dei migliori in Europa. Non possiamo tornare indietro e anzi dobbiamo accettare la sfida che anche la cittadinanza sia una alleata forte nello sforzo di salvare il più alto numero possibile di vite.
#noisiamopronti ad accettare questa sfida insieme a tutti i professionisti sanitari medici e infermieri, soccorritori e volontari, insieme alla cittadinanza per aumentare la sopravvivenza in Italia.
Quale considera l’investimento culturale di IRC per i prossimi dieci anni nel campo dell’emergenza ?
La cultura della solidarietà e dell’insegnamento del primo soccorso nelle nuove generazioni e nelle scuole italiane. La scuola è il luogo in cui i ragazzi passano la maggior parte della loro giornata. Lontano dai genitori, in mezzo ai loro coetanei, agli insegnanti e al personale scolastico, apprendono ciò che sarà importante per la loro vita adulta e sociale. La scuola, oltre a dover essere un luogo sicuro dove un’emergenza viene affrontata con efficienza, è anche la sede dove imparare il proprio possibile ruolo nel gestirla.
Parlare di sicurezza a scuola non è importante solo per la rilevanza sociale a cui ogni cittadino ha diritto ma anche perché i germogli di solidarietà e convivenza civile mettono radici in questa fascia di età. La conoscenza degli elementi del primo soccorso e delle manovre salvavita anche in chi non fa una professione sanitaria possono aiutare a salvare una vita, eliminando paura e resistenza all’intervenire. Gli studenti di oggi sono coloro che già domani potrebbero trovarsi a essere testimoni e protagonisti di un tentativo di rianimazione. IRC supporta e promuove in Italia la campagna mondiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Kids save lives” per l’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare nelle scuole di tutto il mondo.
Linee guida European Resuscitation Council per la Rianimazione 2015
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