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La “fuga” degli infermieri italiani in Inghilterra

La “fuga” degli infermieri italiani in Inghilterra

La “fuga” degli infermieri italiani in Inghilterra
| giovedì 29 Ottobre 2015

E’ del giornale on line “Il Fatto Quotidiano” la nuova inchiesta sul fenomeno della “fuga” degli infermieri italiani all’estero. Pubblicato stamattina, l’articolo mette in evidenza che “La mancanza di concorsi e assunzioni dal 2008, l’assenza di prospettive e di contratti a tempo indeterminato spinge molti professionisti sul mercato inglese”.

Sono infatti oltre 2500 gli infermieri italiani che hanno deciso, negli ultimi tre anni di trasferirsi in Inghilterra. Un dato, questo, destinato ad aumentare, visto che è stato registrato un incremento del 70% negli ultimi tre anni. Hanno meno di trent’anni di età, una laurea in Scienze Infermieristiche, poca voglia di perdere del tempo. E’ questo il profilo dei nostri “cervelli in fuga” tracciato all’interno dell’articolo di Ludovica Liuni.

 

Le motivazioni

L’articolo analizza anche i motivi che spingono gli infermieri italiani a migrare in Inghilterra. Valorizzazione professionale, contratto di lavoro, prospettive di crescita professionale:“Lì il ruolo professionale è molto valorizzato dal sistema sanitario e dopo sei mesi di affiancamento sono regolarmente assunti con un contratto a tempo indeterminato”. Quello che affascina di più, però, sono le prospettive di crescita: “La progressione di carriera avviene per merito. Si parte da un salario minimo di 26mila sterline all’anno per arrivare a 98mila sterline quando si raggiunge l’apice”.

 

La “stretta” sugli ingressi”

Il fenomeno dell’ingresso degli infermieri europei in Inghilterra (oltre agli infermieri italiani, il sistema inglese ha reclutato infermieri spagnoli e portoghesi) non è passato inosservato dalla politica inglese. Dopo mesi di discussione, così come descritto nel nostro sito, negli articoli del dr. Antonio Torella (Infermiere bolognese che ha svolto una recente esperienza professionale proprio a Londra) sono stati dapprima cambiati i requisiti linguistici necessari per la registrazione all’NMC (link all’articolo) e subito dopo sono state introdotte delle modifiche nella valutazione triennale delle competenze professionali possedute (link all’articolo).

 

Il paradosso italiano

L’articolo evidenzia anche un “paradosso” tutto italiano: dai dati dell’Ocse, in Italia mancano almeno 60.000 infermieri. Allo stesso tempo, oltre 25.000 neolaureati non riescono a trovare lavoro.

Un paradosso che si traduce nella chiusura dei reparti e nella riduzione dei posti letti”. Il problema è la mancanza di concorsi e assunzioni: “Dal 2008 la crisi economica ha ridotto il finanziamento al sistema sanitario e ormai abbiamo alle spalle anni di blocchi del turnover e dei contratti – spiega a ilfattoquotidiano.it Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi -, questo significa che noi formiamo il giusto numero di infermieri, ma loro poi non vengono assorbiti dalla pubblica amministrazione”. Motivo per cui decidono di andare via.

 

L’esperienza dei “nostri” Infermieri

Spazio, infine, per gli infermieri che hanno condotto un’esperienza in Inghilterra.

Antonio Torella è un infermiere pugliese trapiantato a Bologna. Per lui, 31 anni e una laurea conseguita nel 2007, quella inglese è stata una parentesi lavorativa che si è appena conclusa. “Faccio parte dell’ultima generazione che è riuscita a entrare negli ospedali italiani tramite concorso pubblico e a ottenere un contratto a tempo indeterminato”, racconta a ilfattoquotidiano.it. Ma Antonio, dopo otto anni di lavoro senza prospettive di crescita, sentiva il bisogno di fare un’esperienza all’estero: “Ho chiesto un periodo di aspettativa non retribuita per andare in Inghilterra”, spiega. La sua destinazione è stata un ospedale pubblico di Brighton, ottanta chilometri a sud di Londra. Qui Antonio è venuto a contatto con i problemi di una generazione vicinissima alla sua e al tempo stesso molto distante: “Per la prima volta ho vissuto tutte le preoccupazioni di questi ragazzi appena laureati che sono costretti ad andare all’estero per trovare lavoro”, ammette.

Leggi l’articolo su www.ilfattoquotidiano.it

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